Le temperature sono in costante aumento a causa dell’inquinamento atmosferico, questo potrebbe costare all’economia globale oltre 2 miliardi di dollari entro il 2030.
Una ricerca appena rilasciata, suggerisce che l’aumento delle temperature renderà sempre più difficile ai lavoratori svolgere le proprie mansioni, in particolare nelle nazioni più povere del mondo. Le situazioni più pericolose, avverranno proprio per chi è meno pagato. Chi lavora nel settore agricolo e dell’edilizia, corre i maggiori rischi.
I ricercatori, guidati da Tord Kjellstrom dell’ente Health and Environment International Trust in Nuova Zelanda, hanno calcolato le perdite di PIL causate dall’inalzamento della temperatura in quarantatré diverse nazioni. I calcoli, eseguiti con dei modelli al computer, sono decisamente preoccupanti nel loro insieme.
L’India e la Cina rischiano di perdere 450.000.000.00 $ entro il 2030. Mentre, le economie delle nazioni più ricche come il Giappone e il Regno Unito sono meno influenzate da questo innalzamento della temperatura. Gli Stati Uniti, vedranno diminuire la loro forza lavoro di un modesto 0,2%.
L’Asia e l’Africa saranno le zone più colpite da questo innalzamento della temperatura. Si calcola, che il 15-20% delle ore lavorative annuali potrebbero essere a rischio. Dati, che potrebbero raddoppiare entro il 2050 a causa del surriscaldamento globale. In Malesia, per esempio, il mondo del lavoro normalmente rallenta o si ferma durante le ore più calde del giorno per evitare stress da calore.
Spostando gli orari di lavoro per combattere il caldo, insieme a una maggiore richiesta di aria condizionata, potrebbe rendere le persone meno tolleranti al calore. Questo, a sua volta, aumenta i costi connessi con lo stress del calore. Una città come Bangkok, per esempio, necessita di ulteriori 2,000 MW approssimativamente per sopperire alla richiesta.
Nel 2015, più di 190 paesi hanno deciso di mantenere l’incremento delle temperatura media globale “ben al di sotto” di un aumento di 2° C al di sopra della temperatura prima dell’era industriale. La Cina e l’Asia, tuttavia devono ancora rettificare l’accordo.